Andrea Barbato: “Chissà se un giorno vivremo in una società che non si vergogni dei suoi rari poeti.”

“Cartolina” di Andrea Barbato, trasmessa da RAI 3, 24 gennaio 1990, ore 20,25. Il testo della “cartolina” è stato inviato da Barbato a Walter Binni l’8 aprile 1991 con un biglietto di accompagnamento: “Gentile professor Binni, Le invio il testo di quella remota ‘cartolina’ che trasmisi in omaggio a Caproni (e un po’ di sdegno al Potere). La ringrazio per la Sua attenzione. Con molta stima, Andrea Barbato”. La cartolina era indirizzata al sacerdote che aveva officiato il rito funebre.

Caro don China,
ieri, nella sua parrocchia romana del quartiere Montesacro, Santa Maria madre della Provvidenza, ci sono stati i funerali di un poeta, Giorgio Caproni. Era un grande poeta, fra i maggiori del Novecento italiano. Così grande, che lei, don Pietro, ha pensato e temuto per un po’ che la sua chiesa fosse troppo piccola per accogliere l’omaggio della prevedibile folla. Intorno alla bara di Caproni, c’erano Binni e Petroni, Accrocca e Ombres, Frabotta e Magrelli. Poeti e letterati come lui. C’era il sindaco di Roma Signorello. C’erano i familiari, naturalmente, qualche amico, qualche ex scolaro. Già, perché Caproni è sempre stato un maestro elementare, oltre che un poeta. Solo poche file di banchi si sono riempite, la parrocchia della Provvidenza è rimasta quasi vuota. Caproni aveva un carattere schivo, viveva appartato, e non si sarebbe rammaricato di quella solitudine. Un rito rapido, un amaro commento del professor Walter Binni sulle assenze del mondo ufficiale, poi tutto è finito. O meglio, tutto comincia ora. Perché un poeta vero – e Caproni lo era – malgrado le assenze oltraggiose, sopravvive. Il fatto che quella chiesa di Montesacro fosse semivuota è solo una minuscola notizia, in una giornata affollata di fatti, di votazioni, di polemiche, di riunioni politiche. La cronaca rimane indifferente.
Eppure, l’assenza di tutti è scandalosa. Dovrebbe far riflettere sul groviglio, sulla confusione di valori che abbiamo creato intorno a noi. Se non c’è lo spettacolo, ha detto Binni, si viene emarginati. La cultura seria non ha cittadinanza, non ha nemmeno onoranze funebri. Non si sa riconoscere neppure dopo la morte chi ha veramente onorato la sua terra. “La poesia di Caproni ha dato un senso alla nostra vita”, aveva scritto Geno Pampaloni. Giusto: ma chi se ne è reso conto? Che l’Italia sia immemore e ingrata con i suoi poeti, lo studiamo nelle storie del liceo. Ed è anche vero che “carmina non dant panem” e che “chi vive di penna vive di pena”. Certo, per un poeta appassionato, ironico, raziocinante come Caproni, è già stato difficile vivere. Ma, a quanto pare, è anche difficile morire.
Ho sotto gli occhi la cerimonia del funerale di Mariano Rumor. Lo stato italiano, praticamente al completo, era inginocchiato nel duomo di Vicenza. Corone, stendardi, corazzieri in alta uniforme. Il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il presidente del Senato, quasi tutti i ministri, le massime autorità dello Stato. Un omaggio funebre certamente dovuto all’uomo che è stato per cinque volte alla guida di un governo. Ma quelle solennissime immagini della diretta televisiva da Vicenza, facevano pensare ancor di più, con un’associazione forse impropria, alla sua chiesetta vuota di Montesacro, don Pietro. La morte, lo sapevamo, non è uguale per tutti.
Possibile, insomma, che non si sia trovato un sottosegretario, un viceprefetto, un funzionario della Camera o del Senato, che rappresentasse lo Stato nell’addio funebre a Giorgio Caproni? Eppure, i versi di questo poeta livornese saranno ancora letti, amati, studiati, stampati, quando il potere attuale sarà ridotto in polvere, e dimenticati gli uomini che lo detengono. Possibile che, al di fuori di quella pattuglia di amici e poeti, la grande schiera degli intellettuali italiani, quelli che si affollano a discutere sul nome del Pci ma anche sulla lana caprina, la gente delle giurie e dei premi, la mondanità culturale dei salotti e dei ninfei… possibile che nessuno abbia sentito l’obbligo di salutare Giorgio Caproni? Davvero conta solo il potere, la macchina spettacolare della politica, il modello del successo?
Era già accaduto. Ricordiamo, come unico esempio fra tanti, lo scandalo di quel funerale dell’87 a Montecarlo di Lucca, quando dietro al feretro di Carlo Cassola (che aveva arricchito con i suoi scritti editori e produttori cinematografici), c’era solo Mario Capanna. Caproni ha vissuto una vita senza potere, senza aneddoti. Aveva suonato il violino, fatto la Resistenza in Val Trebbia, insegnato ai bambini delle elementari. La sua poesia è stata definita un controcanto ironico, una straordinaria prova stilistica, la testimonianza di un laico appassionato. L’estate scorsa era venuto qui in uno studio della Rai, a ricordare il ventennio della Luna, che gli aveva ispirato dei versi. Certamente, non avrebbe voluto alcuna cerimonia solenne: ma la vergogna dello Stato assente non è meno bruciante per questo. “Sono giunto alla disperazione calma, senza sgomento. Scendo. Buon proseguimento”, scriveva Caproni. Chissà se un giorno vivremo in una società che non si vergogni dei suoi rari poeti. Un saluto da Andrea Barbato.

 

P.s. da tale “cartolina” (in cui sussiste il refuso “Montesacro” anziché “Monteverde“) ho preso le mosse questa mattina per la mia riflessione sulla poetica di Giorgio Caproni presso il liceo E. Majorana come annunciato in precedenza. Un testo da rileggere senz’altro quello in oggetto, credo, per acutezza e forza d’attualità nonché la consapevolezza del valore dei versi lasciati del grande Livornese (a/m).

 

4 commenti su “

  1. Fiorella D'Ambrosio

    Dopo aver letto il testo della Cartolina di A.Barbato sulle “assenze del mondo ufficiale” al rito funebre di Giorgio Caproni (gennaio 1990) da te riproposto sul blog, Andrea, ho riflettuto sulla “scelta a sorpresa”del Ministero della Pubblica Istruzione circa la prima prova della maturità di quest’anno. Al di là delle vuote polemiche suscitate dalla traccia: Analisi della lirica “Versicoli quasi ecologici” (dalla raccolta “Res amissa”) di Caproni, ho ritenuto tale scelta un omaggio al poeta livornese, una volontà di riscattare la grandezza umana ed artistica di una delle voci piu’ importanti del secondo Novecento: una voce che ha saputo cogliere le ansie, le inquietudini, le trasformazioni del XX secolo, legando sempre la poesia all’attualità.

  2. andreamariotti Autore articolo

    Credo che tu abbia ragione, Fiorella, tardivamente è avvenuto quanto osservi (anche perché la considerazione attuale della critica nei riguardi del poeta di Livorno è cresciuta nel tempo fino a vedere in lui il poeta più importante del nostro Novecento assieme a Montale (vedi riedizione del “terzo libro e altre cose”, Einaudi, 2016).

  3. monica martinelli

    Molto interessante questa lettera “Cartolina”, uno spaccato sul deserto, che ormai è diventato degrado e che presto diventerà abbrutimento culturale che investe la nostra classe politica e dirigente..dove la poesia è sempre più lontana dalla vita reale che è invece sempre più basata sull’indifferenza.
    Complimenti per la tua “lectio” su Caproni!

  4. andreamariotti Autore articolo

    Ti ringrazio molto per la tua attenzione, cara Monica. Un affettuoso saluto

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