Estimatore di Elio Germano per la grande prova offerta nei panni di Giacomo Leopardi nel film “Il giovane favoloso” (2014), non potevo mancare di vedere subito quello dedicato alla vita di Antonio Ligabue, da ieri sul grande schermo e intitolato “Volevo nascondermi”, per la regia di Giorgio Diritti. Ebbene, l’Orso d’Argento vinto di recente da Germano alla Berlinale quale migliore attore, mi è sembrato pienamente meritato, a fronte del lavoro di scavo profondo -ben al di là della rassomiglianza fisica col personaggio- nei meandri della psiche tormentata di un artista come Ligabue. Sia chiara immediatamente una cosa: vedere un film del genere in questi giorni di ansia a livello collettivo credo comporti un impegno dello spettatore non marginale, specialmente in merito alla prima parte di esso, laddove viene raccontata la difficile infanzia del pittore con immagini cupe e dolorose, di forte impatto. Ma tant’è. Un film serio sul grande pittore naïf non poteva in alcun modo risultare dolciastro, svagato, oggetto magari di un processo di classica attenuazione atto a renderlo appetibile, di facile consumazione. Lode pertanto a Diritti, che oltre a essere un notevole conoscitore dei luoghi emiliani dove si svolge la vicenda umana di Ligabue adulto, è soprattutto riuscito a farci vedere a parer mio il film da “dentro”, ossia dal punto di vista inquieto, doloroso ma anche affamato di vita e di poesia dell’artista, peraltro attaccato in modo maniacale alle sue vetture e motociclette proprio in ragione della sua profonda solitudine d’uomo. Le recensioni leggibili sulla Rete parlano di una prova “sovrumana” di Elio Germano e mi trovano perfettamente d’accordo, in conclusione.

 

Andrea Mariotti

 

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