Mi occuperò adesso, nella pagina di quest’anno, di un poeta notevolissimo, Claudio Porena (anche glottologo e musicista), che da tempo si esprime con consumata perizia nell’ambito del sonetto romanesco (non a caso riconosciuto come presenza di spicco all’interno dell’Accademia Romanesca):

Eccomi a parlare di Claudio Porena, autore del libro DAR TRAPEZZIO VOCALICO AR SONETTO (Manuale di linguistica romanesca, retorica e metrica con sonetti scelti). All’amico Claudio vorrei dire, innanzitutto, che la mia prima riserva in merito al suo lavoro è quasi scontata: perché non pubblicare separatamente le prime cento pagine del volume -inerenti alla linguistica romanesca- e la raccolta dei sonetti scelti? Da poeta a poeta chiedo a Claudio se non crede di avere esagerato, nel “congelare” il lettore di poesia per più di cento pagine, sia pure notevoli dal punto di vista linguistico. Chi scrive, italianista diciamo così di lungo corso, si è immerso, trovato il tempo giusto, nella lettura dei sonetti di Porena leggendo sommariamente la prima sezione del libro; e questo va detto per onestà intellettuale. A mio avviso il lavoro di Claudio Porena rivela, in sintesi, la presenza di due fratelli siamesi che, per il bene di entrambi, andrebbero urgentemente separati. Il glottologo e il poeta, naturalmente (nell’ordine in cui si mostrano al lettore nel volume in oggetto). Giacché il primo tende a tenere sotto scacco il secondo, in virtù della propria esibita e ragguardevole scienza: godendo, il secondo, cioè il poeta, di un dono di cui forse il glottologo è invidioso, vale a dire l’estro creativo. Sarebbe bastato, a parer mio, un apparato discreto di note esplicative a piè pagina per ciascun sonetto e…via col godimento di un mondo poetico che innegabilmente si dischiude con le sue bellezze agli occhi del lettore! Risulta, Claudio, un poeta per così dire inclusivo (come del resto appare per la sua propensione quasi maniacale a fissare i minuti e i secondi impiegati per la composizione di ogni sonetto); inclusivo nel senso che -mirabilmente- tutto il reale è per lui fonte di poetica prova (e questo me lo fa modernamente riconoscere dalla parte di coloro che, tenendo ben presente il Sommo Poeta, la poesia non la presuppongono a priori; scegliendo piuttosto di confrontarsi con le cose, al fine di piegarle alle ragioni dell’arte). Dunque racconta la vita, Claudio Porena (tanto più lodevolmente, cimentandosi con la forma “chiusa” del sonetto), grazie ai suoi raffinati strumenti espressivi che, nel tempo, si nasconderanno maggiormente, com’è nel destino dei poeti autentici; e ciò, sul piano di una connaturata leggerezza ( nel senso di una “gravità senza più peso”; cfr. Italo Calvino, LEZIONI AMERICANE, Garzanti; quasi una sorta di testamento spirituale del grande scrittore). Ma, parlando di leggerezza, da appassionato ascoltatore di musica classica, ecco che il mio pensiero corre a Mozart. Mi spiego: leggendo i sonetti di Claudio, nei quali non potrebbe non essere attiva la grandissima lezione del Belli, si percepisce, secondo me, l’intuizione della vita partendo per l’appunto dal comico, dal basso; ed è in virtù di ciò che Porena libera il proprio estro, un pò come Figaro nelle Nozze mozartiane (non a caso, l’opera del Salisburghese inizia con le movenze dell’astuto servo intento a misurare lo spazio della sua designata stanza nuziale; servo che di lì a poco scaglierà contro l’odioso padrone Conte di Almaviva la celebre e sarcastica cavatina “se vuol ballare, signor contino…”). Non voleva essere, questa, una colta digressione; piuttosto una modalità espressiva per valorizzare il movimento poetico che si avverte nei sonetti più belli di Claudio Porena (per me, Fratello mio, abbi còre; pag.140; De la saggezza vera, pag.155; Speranza, pag.183; Quanno te dice culo, pag.215; Er carcerato, pag.223; Un fiume de poesia, pag.395). L’elenco è numericamente ingeneroso, giacché parecchi sono in realtà i sonetti raccolti che meriterebbero una citazione; ma quelli ricordati mi sono particolarmente piaciuti per grazia, spirito di saggezza, leggerezza e profondità di sguardo e suo innalzamento. Ecco, se posso permettermi un auspicio per il lavoro futuro di Porena, è il seguente: che prenda le distanze da certa grevità romanesca fin troppo compiaciuta ed evidente, in non pochi sonetti da me letti! Un poeta dello spessore di Claudio dovrebbe, in sostanza, inventare maggiormente, volgendo nel caso (perché no?) le spalle alla dorata e rassicurante “gabbia” del sonetto; disvelando in ultimo al lettore l’invisibile, pur sporco di terra.

Andrea Mariotti (maggio 2011)

Claudio Porena, Dar trapezzio vocalico ar sonetto, TerreSommerse editore.

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