In merito al romanzo di Nicola Lagioia La ferocia, Premio Strega di quest’anno, dovrò riconoscere la mia curiosità di leggere subito un libro valutato positivamente -per fare un nome autorevole- da Alberto Asor Rosa. Ebbene, dirò di aver compiuto una lettura parecchio faticosa, stentando a “trovare dimora” all’interno delle quattrocento e più pagine di un autore indubbiamente di notevole talento cui però gioverebbe una ricognizione dell’Ars oraziana. Sto alludendo al fatto che nella Ferocia a parer mio c’è troppo a livello di intenzioni e ambizioni, senza efficace sincronizzazione di istanze narrative eterogenee. Trovo quasi ozioso insistere sul necessario piacere del testo che un romanzo di spessore può e deve assicurare al lettore; a parte, anzi, grazie al sigillo d’una complessità formale atta a rappresentare la profondità della vita. Sicché, il disagio da me provato per giungere alla fine del libro di Lagioia, io me lo spiego, in termini di analisi stilistica, in virtù di una vera e propria ipertrofia del processo di produzione rispetto al prodotto finito. E siccome il romanzo in questione dovrebbe costituire in tutta evidenza una saga dello splendore e della rovina di una potente famiglia imprenditoriale del nostro tempo in terra pugliese, ecco che non posso non parlare di un “cantiere aperto”, a lettura ultimata di esso. Come da più parti è stato rilevato, non mancano nella Ferocia pagine bellissime; non tacendo del fatto saliente dei personaggi della narrazione tutti o quasi tutti debitamente prospettici e dunque emotivamente profondi e complessi (soprattutto Michele, il figlio “bastardo” del “patriarca” Vittorio Salvemini). Tuttavia, netta rimane l’impressione di un autore, Lagioia, con troppe carte in mano senza la capacità di calare il poker, per dirla in breve. Troppi salti cronologici, troppi registri narrativi nel suo narrare; senza quel respiro unitario che stilisticamente vuol dire sintesi. Giallo? romanzo d’ispirazione sociologica? saga alla Thomas Mann, come esageratamente è stato detto? mi perdonerà, Lagioia, scrittore per il momento bravissimo: il suo libro non è indimenticabile, in quanto non aleggia in esso una voce inconfondibile d’autore; ciò nonostante, trattasi di un romanzo da leggere (inevitabilmente sugli schermi, credo, nei prossimi mesi).
P.S. 19/11/15: il testo in oggetto è stato pubblicato dai Fiori del Male, quaderno quadrimestrale di Cultura Letteraria e Arte, n.62 (settembre-dicembre 2015).