Falcone

Giovanni… se posso chiamarti per nome, non avendoti conosciuto di persona. Sono uno dei tanti italiani che oggi ti ricorda e ti pensa intensamente. E rifletto, con amarezza, sul “ventennio” venuto dopo la tua morte, a far data (il ventennio) dal 1994 e ancora sulle nostre spalle, pesante come un macigno. Non vorrei essere frainteso e accusato di scadere nel solito antagonismo logoro e trito. Ma rimane il fatto che la tua figura, Giovanni, come quella di Paolo, è antropologicamente e storicamente incompatibile in modo imbarazzante con i nani, le ballerine, e il dominio incontrastato di Pluto, dìo della ricchezza capace di suggestionare le menti (si fa per dire) di molti: le perle, insomma, del suddetto ventennio; ventennio che ci consegna oggi un paese a dir poco disastrato, disarticolato (all’interno del quale faremo grande fatica a cicatrizzare lacerazioni profonde, a vari livelli). Ecco perché nonostante tutto, Giovanni, mi rifiuto di considerarti un eroe, in contrasto con i versi che mi accingo a pubblicare…per non autoassolvermi facilmente con la vista appannata dettata dal tempo che mi trovo a vivere oggi. Sarebbe come chiedersi, Giovanni, cosa direbbe ora Pasolini del gregarismo omologante che ci avvolge (laddove, citando Francesco Guccini, “pensare è sconsigliato”)…la risposta a questa domanda essendo secca; nel senso che Pasolini ha profondamente intuito quanto era alle porte, nel Belpaese, prima di morire tragicamente (incompatibile anche lui al massimo grado con il presente). Ma è venuto il momento di dare la parola al mio amico Silvio Parrello ( poeta e pittore ben conosciuto nel blog), per mettere a parte i visitatori di un cartoncino (visibile nella mia foto) sul quale ha trascritto per me, affettuosamente, i versi a suo tempo a te dedicati, Giovanni:

FALCONE

Terrorismo di stato
Falcone e la sua scorta
barbaramente assassinato
in questa Italia corrotta.
L’eroico magistrato
contro la mafia in lotta
aveva già capito
chi sedeva sulla vetta.
Non gli è stato perdonato
con atroce vendetta
lo hanno massacrato
su quella strada maledetta

poesia di Silvio Parrello, oggi presentata in occasione del ventunesimo anniversario della strage di Capaci.

6 commenti su “

  1. Bianca 2007

    Accorata di sentimento profondo che si trascende, la tua testimonianza, Andrea; come sentita in modo autentico e sincero quella del tuo amico Silvio Parrello. Personalmente credo che TUTTI coloro che consapevolmente adempiono, compiono il loro “dovere” verso la collettività, siano da considerarsi eroi. Eroi universali. E Falcone lo fu, come ogni altro vicino a lui in quel giorno “maledetto”. Un abbraccio, Mirka.

  2. Grazia

    «La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.»
    Con queste parole Giovanni Falcone descriveva la mafia e il modo per vincerla: con l’impegno, senza eroismi. Ma mancando l’impegno non resta che l’eroismo, il sacrificio di alcuni per la difesa del bene comune. Un eroismo ingiusto, però, inadeguato perchè isolato, un eroismo che, mi associo al tuo pensiero caro Andrea, appare quasi una scelta gratuita che non obbliga gli altri a porsi domande, a rendere l’omaggio ricevuto. Troppi sono stati lasciati soli a lottare contro la mafia e i mali della società. E non sono bastati i sacrifici, gli omicidi a generare nel popolo lo sdegno che avrebbe trasformato i “cittadini inermi” in una forza imbattibile, quello sdegno che Pasolini, soprattutto il Pasolini “corsaro” cercava di instillare nelle vene del “popolo cane”, quel popolo che con la sua voce avrebbe potuto e dovuto, a dispetto delle istituzioni inerti e corrotte, condannare e isolare la mafia e tutte le forme di delinquenza, rendendole incompatibili con la società; e non, viceversa, favorire il processo che ha reso incompatibili proprio quegli Uomini che ai mali della società avevano cercato di opporsi.
    E ora, nel ringraziare te e il caro comune amico Silvio Parrello, per le vostre parole sempre intense e vive, permettimi di ricordare i versi con cui Pier Paolo esprimeva, se non meglio di voi, meglio di me, il vero male della società italiana:

    L’intelligenza non avrà mai peso, mai
    nel giudizio di questa pubblica opinione.
    Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
    da una dei milioni d’anime della nostra nazione,
    un giudizio netto, interamente indignato:
    irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
    di questo popolo ormai dissociato
    da secoli, la cui soave saggezza
    gli serve a vivere, non l’ha mai liberato.
    Mostrare la mia faccia, la mia magrezza –
    alzare la mia sola, puerile voce –
    non ha più senso: la viltà avvezza
    a vedere morire nel modo più atroce
    gli altri, nella più strana indifferenza.
    Io muoio, ed anche questo mi nuoce.

    Un saluto, caro Andrea, e ad una nuova occasione, che spero avremo, di recitare il nostro “rosario laico”, Grazia.

  3. andreamariotti Autore articolo

    Sì, la tua riflessione la riconosco in ogni caso condivisibile, Mirka. Ieri sera ragionavo seguendo il filo di una profonda amarezza al cospetto di una società, quella italiana, così segnata in senso regressivo (capace di “masticare” anche una tragedia come quella di Capaci…imabattibili come siamo, in gran parte, in quanto a smemoratezza). Un forte abbraccio

  4. andreamariotti Autore articolo

    Ti esprimo la mia gratitudine, Grazia, per questo tuo commento che, oltre a citare le precise parole di Giovanni Falcone, ci porta nel cuore della grande poesia civile di Pasolini. Veramente questi versi (quante volte detti a memoria dall’amico Silvio!) costituiscono -parafrasando Gobetti- l’autobiografia di una nazione (la nostra, naturalmente). Un abbraccio

  5. Angiolina

    Penso caro Andrea che oggi tutti gli italiani si siano soffermati almeno un momento a riflettere sulla figura di Falcone e su quello che ha significato sia la sua vita che la sua tragica morte. Il suo accostamento a Pasolini mi sembra poi opportuno: ognuno di loro ha rappresentato uno spaccato particolare nella storia della nostra nazione. Sono passati invano gli anni dopo quelle morti? Dalle tue parole Andrea sembrerebbe di si, ma forse certi eventi accadono proprio perchè portino a pensare e a costruire un futuro migliore, veramente migliore!!!! Un abbraccio

  6. andreamariotti Autore articolo

    Sai, Angiolina, nel mio scritto, quasi in chiave paradossale (ma quanto?) ho voluto marcare l’inconciliabilità antropologica fra servitori dello Stato come Falcone, poeti più che lucidi come Pasolini e lo squallido, povero presente: in cui il “pubblico” dovrà in qualche modo tornare a coincidere (almeno in parte!) con il bene comune…questo ci auguriamo. Un caro saluto.

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