Degli ultimi grandi quartetti beethoveniani, quello in Do diesis minore (Op.131) in sette movimenti è probabilmente il più significativo ed alto per il suo audace ma perfetto equilibrio. Dal primo movimento fugato, un Adagio, di carattere particolarmente malinconico come notò Wagner, inizia per l’ascoltatore un viaggio difficile e prezioso grazie soprattutto al lungo tema centrale con variazioni in cui l’esplorazione dinamico-ritmica del Maestro si fa somma. Ma è l’Allegro finale a lasciar sgomenti, e la parola passa più che mai a Wagner: “la danza del mondo: selvaggio deliquio, grida di angoscia, estasi amorosa, il più alto rapimento, miseria, rabbia, ora voluttuoso ora sofferente, una faretra di fulmini, rullo di tuono; soprattutto un musicista gigantesco”.

 

Andrea Mariotti

 

2 commenti su “

  1. Fiorella D'Ambrosio

    Soltanto in tarda serata, ieri, di ritorno da una cena -concerto in cui il musicista abruzzese Michele Di Toro (vero talento del pianoforte) ci ha deliziato con le sue composizioni concertistiche, nelle quali ha accostato con notevole sensibilita’ tecnica ed interpretativa le melodie dei grandi artisti del passato a quelle di autori moderni, facendo quasi “dialogare” il retaggio classico con la musica di oggi), ho potuto riascoltare il Quartetto per archi n.14 in Do diesis minore (Op.131), di Beethoven da te citato, Andrea. Dopo l’ascolto, mi sento di dire -con Wagner- riferendomi in particolare all’Allegro finale, nella sua complessa, meravigliosa armonia, di aver provato il piu’ alto “rapimento” dell’anima.

  2. andreamariotti Autore articolo

    Ti ringrazio per la tua testimonianza, Fiorella. Questo è Beethoven. In particolare quello degli ultimi Quartetti, molto amati da Walter Binni, suscita nell’ascoltatore assorto e devoto un senso di autosufficienza preziosa oggigiorno. Benedetto questo genere di droga, nel senso di una Bellezza inaudita.

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