Ieri sera, in Ariccia (Roma), presso il Teatro Comunale G.L. Bernini, per la rassegna letteraria VOCI DAL TERRITORIO (TRA FORZA TELLURICA/ E NULLA CELESTE/ IL LIEVITO ROMANESCO), ho ascoltato le letture poetiche di Franco di Carlo, Porfirio Grazioli e Franco Campegiani, nel contesto di una degna cornice organizzativa (con un pubblico interessato e attento). Ora, non sono un mistero per i visitatori del blog la stima e l’amicizia profonda che mi legano a Franco Campegiani; presente spesso su questo sito con le sue riflessioni filosofiche, dettate da un suo stringente nucleo di pensiero -quello della TEORIA AUTOCENTRICA- a proposito del quale ho avuto occasione di parlare a lungo con lui nel settembre scorso (vedi “Archivi” 2010). Ma Franco è nel contempo un poeta, oltre che un filosofo. Un poeta letto e recensito da grandi nomi come quelli di Giuliano Manacorda, Aldo Onorati, Mario Petrucciani, Vito Riviello e Cesare Vivaldi, fra gli altri. Sicché, nell’articolo di oggi, eccomi a presentare una bellissima, travolgente poesia di Franco, con cui il mio amico ha concluso ieri sera la lettura delle sue liriche (poesia inclusa nella raccolta, peraltro premiata, dal titolo VOLO RADENTE):
Don Chisciotte
Non ricordo come né quando
dal grembo della terra
uscii un giorno a volare
– volere è potere, mi dicevo –
verso cieli di plastica
su di un bardato legnoso ronzino.
A millanta intorno
di cartapesta morivano hidalgos
e rinascevano tra ghigni beffardi
i denti digrignando
contro i mulini a vento
contro i vili felloni sciabolando
trionfali sull’eroico cammino.
Sancio Panza sulla radura intanto
correva e soccorreva
con un somaro a perdifiato,
al raglio di guerra. Fummo salvi
quando sfiancato alfine
noi esaltati fantocci lo vedemmo
che sottecchi in disparte
tristemente sorrideva di noi.
Fummo salvi.
Ma i cieli dov’erano i cieli?
Dovevano pur esserci i cieli
se qui c’era la terra,
dico i cieli quelli veri!
Così vidi lassù
che ero io stesso il cielo
e io quaggiù la terra
e Don Chisciotte e Sancio Panza,
a guarire dalle mie illusioni.
Poesia di Franco Campegiani
Cosa dire di questa magnifica lirica dell’amico fraterno Franco?
Andrea sei altruista e arguto nel cogliere le perle e infilarle in questo prezioso documento pubblico.
Don Chisciotte rappresenta la caduta delle illusioni, la presa di coscienza di quanto possa essere difficile, impossibile combattere contro i mulini al vento e … l’improvvisa, tonante volontà di resurrezione!
I versi straordinari relativi ai cieli, che devono esserci… è il riassunto della teoria del nostro poeta-filosofo sull’armonia cosmica. Nessun buio può cancellare la necessità della luce e l’uomo ha la sublime capacità di trovare in se stesso le risorse necessarie per rialzarsi, per reagire. L’uomo può essere cielo, terra, Don Chisciotte e Sancio Panza, in linea con i principi dell’ autocentrismo, che Franco porta avanti da anni.
Certamente, Andrea, l’urlo di vita contenuto nella lirica è la risposta ideale al momento di disperazione che il mondo attraversa… E tu l’hai colto.
Vi abbraccio entrambi e vi ringrazio di cuore.
Sì, Maria, effettivamente ho trovato la poesia di Franco particolarmente espressiva, efficace e vigorosa. Per questo l’ho presentata ai visitatori del blog. Franco è giunto davvero, nella sua lunga meditazione, al sentimento degli opposti ; ben al di là di una cerebrale coincidentia oppositorum ; e una tale conquista vibra a parer mio nei suoi versi qui pubblicati. Ti abbraccio a mia volta.
Carissimo Andrea,
già tu su questo blog sai darci emozioni particolari, se poi unisci ed evidenzi scritti come questo di Franco Campegiani, insieme raggiungete vette altissime.
Io non ho avuto modo di leggere il libro Teoria autocentrica di Franco, ma ho potuto cogliere alcuni spunti da questa poesia, che mi hanno colpito per quanto sottintendono.
Ogni essere umano cerca di combattere contro le difficoltà della vita, e ciò lo porta ad abbandonare le illusioni che ha sempre nutrito, per cercare di procedere nel suo cammino. Eppure delle certezze devono per forza esistere e il nostro poeta le evidenzia mettendo l’uomo in posizione di privilegio di fronte alla realtà.
A me sembra che in poche parole il nostro Franco abbia condensato la fase più elevata e critica del suo pensare.
Complimenti ad entrambi. Un forte abbraccio Angiolina
Effettivamente, cara Angiolina, ho provato un particolare piacere nel presentare la poesia di Franco: risultando essa (e qui, criticamente, non dico nulla di nuovo), una vera e propria figurazione del pensiero dell’autore. Come negare, infatti -te ne sarai accorta- negli scritti di Franco Campegiani, un respiro classico, nel senso più nobile del termine? un respiro, a mio avviso (e Franco sarebbe assertivo, al riguardo) non boriosamente antropocentrico, bensì schiettamente umanistico, quale rimando alla dignità dell’uomo, di rinascimentale suggestione Ti faccio un caro saluto.