Presso la Locanda Martorelli in Ariccia (Roma) dal grande prestigio storico, avendo a suo tempo ospitato scrittori della statura di Goethe, Stendhal, Gogol e Keats (per tacere degli altri), ho potuto apprezzare, sabato scorso, una mostra d’arte contemporanea (visitabile fino al primo aprile) presentata nel vicino Palazzo Chigi dal poeta, filosofo e critico d’arte Franco Campegiani; cui si deve peraltro lo scritto introduttivo al suddetto evento. Ora, riconosciuto il vivo interesse in me suscitato da non poche delle opere esposte (in particolare quelle di Doriana Onorati, Beatrice Palazzetti e Stefano Piali), vorrei parlare, qui, della scultura di Giuseppe Valentini, Autoritratto interiore; scultura da me fotografata per gentile concessione dell’artista. Giuseppe Valentini, nato a Roma nel 1944, cresciuto artisticamente grazie anche all’incontro con lo scultore Gino Guerra, ha negli anni più recenti partecipato ad alcune mostre nel territorio romano. Come si può osservare dalla mia fotografia, l’opera di Valentini risulta particolarmente suggestiva, nella sua nobile severità. Ma non basta: al primo sguardo, essa mi ha procurato un vero e proprio moto di ritrazione, quasi Valentini fosse riuscito a fisicizzare -se così possiamo dire- la volontà introspettiva dell’uomo; che richiede all’osservatore distanza, rispetto per il raccoglimento interiore di cui questa scultura si fa artistico emblema. Ringrazio pertanto Giuseppe Valentini per avermi permesso un momento di intenso isolamento, nel tacito colloquio da me avuto con la sua opera.

6 commenti su “

  1. Franco Campegiani

    Caro Andrea, “RelazionARSi” è stato il titolo ed il motivo ispiratore della mostra di Ariccia, dove tu sei rimasto giustamente colpito dal bronzo di Giuseppe Valentini. Amico del Maestro Gino Guerra (cugino, questi, niente meno che di Tonino Guerra di cui ti sei, in queste pagine, recentemente interessato), Valentini trascina la relazionalità sul piano interiore, trasgredendo la norma secondo cui essa atterrebbe esclusivamente al piano superficiale della vita. Questo “autoritratto interiore”, crea in effetti un’aura di concentrazione che incute rispetto e pretende silenzio dal fruitore. E’ un’opera che nasce nel clima della “Nuova Figurazione” (mille miglia lontana, pertanto, dal formalismo antico) e chiede distacco dal turbamento e dai rumori assordanti della vita attuale. Ne emerge un’interiorità che non ha nulla di intimistico e che si trova ben al di là della sfera emotiva, sempre e comunque legata agli accadimenti esteriori. In pratica, un autoritratto che supera i dati autobiografici. Un fantasma di se stessi, nudo e senza orpelli, che affiora dal più profondo inconscio a mostrare la doppia natura dell’animo umano, in parte immerso nel mondo fisico, dove tutto muta costantemente, ed in parte avulso dallo stesso, chiuso nel suo essere, al riparo di ogni mutazione. Ti abbraccio, Andrea, nella speranza di non aver forzato, con questa mia disamina, le intenzioni di Valentini.

  2. andreamariotti Autore articolo

    Un ringraziamento particolare, caro Franco, per questo tuo commento ricco di approfondimenti in merito alla poetica figurativa di Giuseppe Valentini; nonché di notizie preziose (alludo alla figura di Gino Guerra in primo luogo; ma anche al titolo piuttosto significativo della mostra di Ariccia). Immagino e credo che i visitatori del blog possano comprendere meglio, a questo punto, il valore dell’opera di Valentini oggetto della mia contemplazione. Un abbraccio

  3. Sandro Angelucci

    Caro Andrea,
    esprimo il mio pensiero sulla scultura di Giuseppe Valentini senza nessuna pretesa di critica artistica ma semplicemente per comunicare, a te ed agli amici del blog, quali sono state “le parole” non pronunciate che questo volto ha voluto rivolgermi. E non per emulare – tanto meno per appropriarmene – ma le mie impressioni convergono in toto con quelle ricevute da Franco (sicuramente più ferrato di me in materia). E’ decisamente l’interiorità che emerge da questa scultura; ed è naturale che la stessa incuta rispetto (intendiamoci: rispetto, non timore, come spesso si sbaglia a dipingere ciò che sgorga dall’inconscio): perché si mostra per quello che è, per quello che – tolti gli orpelli – tutti noi realmente siamo.
    Spero di essere stato sufficientemente chiaro e ti chiedo venia se, da un punto di vista prettamente artistico, di più senz’altro poteva essere detto.
    Un abbraccio,

    Sandro

  4. andreamariotti Autore articolo

    Carissimo Sandro, ti ringrazio per questo tuo intervento a proposito di una scultura che abbiamo osservato assieme con attenzione. E condivido il tuo richiamo allla forza dell’inconscio, sia a livello di creazione che di fruizione dell’opera d’arte. Un abbraccio

  5. maria rizzi

    Mio caro Andrea,
    a dir poco affascinata dal bronzo di Valentini e dalle vostre considerazioni, ricche di quella consapevolezza critica, che io so di non possedere, vengo a trovarti per esplicitare, gli stati d’animo che vivo, a livello puramente emozionale.
    L’idea di un’espressione autobiografica nuda mi induce a pensare al desiderio di un mondo di persone uguali. Non nei contenuti, ma nell’essenza. Di uomini capaci di ‘relazionarsi’ …era il tema della serata che ho perso, no?… tra loro , al di là delle barriere, che quotidianamente ci separano. Ho pensato, forse in modo infantile, alla volontà dello scultore di eliminare le aggettivazioni, che sono solite precedere i nostri caratteri distintivi profondi: bello, giovane, affascinante, ripugnante, etc, etc…
    L’uomo si presenta per quel che prova, non per per come appare.
    E’ una scultura che forza le dighe delle anime e induce a guardarsi dentro…
    Un tributo didattico e di rara forza espressiva, per il quale mi complimento, da profana, con l’autore e ringrazio te, al cui occhio lucido e attento, nulla sfugge!
    Un forte abbraccio.

  6. andreamariotti Autore articolo

    Cara amica, questo tuo commento lo trovo interessante e profondo, in quanto mi permette di comprendere meglio i motivi per cui ho focalizzato la mia attenzione soprattutto sulla scultura di Giuseppe Valentini, in occasione della suddetta mostra. Si, è vero, altre opere attiravano il mio sguardo per il loro indubbio valore estetico, ma ecco davanti ai miei occhi il bronzo di Valentini: emblema della nudità, della sobrietà del bello senza attrattive; bello che piace immediatamente nel giudizio (ho praticamente riassunto il cuore della dottrina kantiana racchiusa nella CRITICA DEL GIUDIZIO). Il tuo commento mi è pertanto particolarmente gradito, giacché consente, credo, di illuminare a fondo il fascino dell’opera cui la mia fotografia non rende certo giustizia. Un abbraccio

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