Firenze2

 

Volentieri presento oggi  una riflessione di grande spessore di Ninnj Di Stefano Busà sull’esperienza del lavoro poetico. Il testo risulta, come si potrà vedere, di una chiarezza a dir poco esemplare. Si tratta, in effetti, di un contributo di grande suggestione lodevolmente finalizzato, a parer mio, a bandire per così dire la conventio ad excludendum dei  “non addetti ai lavori”; affrancando di fatto la poesia da quella strozzatura auto-referenziale che tanto comodo fa (oggi come sempre) ai “Persuasori Occulti” -per citare il titolo di un fortunato e tuttora attualissimo libro di Vance Packard- interessati a convincere l’uomo che tutto sia merce e denaro (mia la foto qua sopra, in base alla quale è possibile osservare un meraviglioso capolavoro di Donatello, l’altorilievo dell’Annunciazione in pietra serena all’interno della fiorentina Basilica di Santa Croce):

 

LA POESIA NEL PROCESSO MORFOLOGICO DELLA SPECIE

di Ninnj Di Stefano Busà

La Poesia racchiude la ragione ultima e la necessità prioritaria all’interno di un processo emotivo, logico, interscambiabile di ogni essere umano pensante che sa ritrovare in essa la materia-prima di molti e suggestivi modelli d conoscenza.

La sua rara e preziosa struttura morfologica, la carica emotiva, il lampeggiamento interiore hanno sempre fornito all’uomo la sensazione di non vivere di solo pane ovvero, di possedere anche un’anima e un cervello che devono essere alimentati, se non vogliono morire soffocati dal banale, dalla mediocrità e dal quotidiano.

L’individuo è fatto essenzialmente di materia, di cellule, di cromosomi, ma anche di genio ed esaltazione. Ne ha bisogno come dell’aria. È in torto, chi crede di glissare, tergiversare o, peggio ancora, di banalizzare il concetto poetico, che si fa interprete di un ruolo necessario alla psiche, come l’ossigeno.

Concorrono poi diversi elementi perché un individuo giunga alla poesia. Innanzitutto, la predisposizione alla visione globale di un piano logico/culturale che lo porti a formulare dentro di sé il concetto lirico.

Così, come per il musicista le note, il poeta deve sentire le parole armonizzarsi, fondersi attraverso la coscienza  che formalizzi il linguaggio (ri)componendone il suo universo psicologico/intellettuale.

Infatti, perché non è di tutti scrivere versi? Lo fa solo chi lo sa fare, (talvolta, anche chi proprio non vi riesce), ma è ugualmente elogiativo lo sforzo di voler scrivere in poesia.

L’individuo sia esso di genere femminile o maschile avverte l’impianto poetico come un dono aggiuntivo, un quid che lo catapulta oltre lo steccato di una vita miserevole, a volte appiattita dalle vicende quotidiane e dalle sofferenze, ma proprio per questo, portato ad immaginare orizzonti più vasti, cieli più alti, stratosfere dove è bello volare senza le ali, magari solo con la fantasia e il coraggio di voler essere migliori, più ricchi psichicamente, intellettualmente…

È un dono che non tutti possono possedere, raggiungere uno stadio alto, a priori, nell’immediatezza è pressoché impossibile, perché anche i grandi poeti hanno dovuto lavorare per imporre alla pagina letteraria il loro nome. Niente è facile su questa terra e anche la Poesia, per quanto istintiva, innata e ricercata, ha bisogno di essere incanalata, orientata e perseguita con tenacia e abnegazione. Nessuno ignori mai la necessità del tirocinio, della sua elaborazione a livello d’anima e d’ingegno. Anche i grandi poeti hanno dovuto dimostrare di esserlo. Ovviamente poi, c’è una scala di valori, una graduatoria di meriti che vanno rispettate, perché la Poesia abbia una sua universalità e veridicità.

La programmazione di essa non avviene a tavolino, non ci si sveglia la mattina grandi poeti, non ci si scopre dall’oggi al domani: occorrono tirocinio, sensibilità, profondità emozionale, senso estetico della forma, bisogna inseguire e perseguire la Bellezza della Poesia come fattore di riscatto interiore, da opporre alle forme sbiadite di una vita abitudinaria o spenta.

La ricerca della Luce interiore porta verosimilmente ad un atto unico, inesplicabile, autentico e sincero quale è il presupposto poetico, ma è sforzo di adattamento alla vita, è superamento di se stessi, da un punto di vista umano, etico e spirituale non indifferente. La poesia bisogna amarla, vezzeggiarla, inseguirla, non è un raggiungibile in un sol giorno, non è capriccio intellettuale da mostrare in pubblico per far capire quanto si è bravi…È palestra esistenziale, costante, e tenace, crogiolo di sofferenza, sublimazione del dolore a livello inconscio o, magari, a volte, è la idealizzazione di un sogno che si realizza attraverso le spirali del dolore. Non si spiega diversamente il fatto che la migliore poesia è quasi sempre il frutto o il risultato di un travaglio interiore che tende a sfociare in una bellissima, imparagonabile oasi di luce, attraverso cui filtriamo il nostro dolore e la nostra solitudine. Tornerò ancora a parlarvi di poesia, c’è tanto da dire al riguardo….

 

 

3 commenti su “

  1. massimo

    Caro Andrea, dopo aver letto con la giusta attenzione questa bella e schietta riflessione di Ninnj Di Stefano Busà, postata da te sul blog, sono stato preso da una sana voglia di scrivere le mie modeste considerazioni. E’ vero, la poesia non si può improvvisare né tantomeno si può scrivere, con agilità di polso e di mente, se prima non si conosce la “musica” (Leopardi, Mozart ed Altri insegnano). Purtroppo, dico purtroppo, c’è anche chi scrive nel nome del puro profitto o interesse, mimetizzandosi con camaleontica bravura agli occhi di chi legge. Una solida base culturale sarà quindi l’ingrediente principe per partire, con il piede giusto verso la meta, altrimenti difficilmente saremo in grado di affidare ad un foglio ed a una penna il compito di decodificare in musica o in parole i messaggi del nostro inconscio. E’ vero, spesso il dolore, la sofferenza di una vita difficile, inspiegabilmente ci conducono molto in alto, a scalare vette inviolate, dove “tutto” è più evidente e luminoso. Poi (purtroppo) d’improvviso ci si ridesta e tutto sembra svanire come in una bolla di sapone, ci guardiamo intorno ed ogni cosa, come sempre, è ben salda al suo posto: l’ accidioso, il moralista ed il “pericoloso” ignorante ovvero colui che non sa o non vuole vedere, in sostanza l’élite del perfetto e mediocre conformista. Ci sentiamo allora depressi? No, perché (pessimismo costruttivo) a volte, in fondo alle tasche, rimane l’essenza, la linfa vitale della musica e della poesia, da sempre compagni virtuali dell’anima. Un caro abbraccio Massimo

  2. andreamariotti Autore articolo

    Caro Massimo, volentieri accolgo queste tue riflessioni. Mi viene in mente, al riguardo, soprattutto Freud, con il suo insistere sulla mancata coincidenza tra ordo rerum e ordo idearum …ma, come ho scritto brevemente a introduzione del testo della Busà, ecco che le considerazioni della poetessa, puntuali nel rammentare la necessità degli strumenti dell’arte -in ogni campo, e, nella fattispecie, in quello che attiene alla poesia- invitano a sentire la stessa come intelligenza concreta della realtà e non qualcosa di evanescente, di marginale. C’è sempre bisogno di ricordare, a mio avviso, che la poesia, pur non totalizzante, rimane parte integrante della vita, slancio dell’uomo a sollevarsi (almeno in parte) da terra. Un caro abbraccio anche da parte mia

  3. simo's

    Borges come molti sostengono è nato poeta nella città di Buenos Aires.
    Non dimentichiamoci quel meraviglioso componimento del 1925 “Luna di fronte”, che mi incanta anche dopo molte volte che l’ho letto. Nonostante il suo brutto incidente, prima degli anni ’40 Borges anche se costretto all’immobilità capisce che il dono della scrittura e della poesia è il dono della vita. Ma non si preoccupa di dare delle determinazioni, il suo confine è appunto capire che per essere autori bisogna anche studiare ed educare chi magari non ha voglia di riconoscere questo merito così alto. E nell’immagine del labirinto esprime questa sua complessità artistica. Auguri a tutti. Simona

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