in abruzzo Domani, domenica 11 aprile, salute permettendo per una lieve forma influenzale, mi recherò in Abruzzo con le associazioni escursionistiche del Lazio, e precisamente a Pescomaggiore, Paganica e Tempera, paesi vicinissimi al capoluogo abruzzese. Condividerò il pranzo con la popolazione locale, e vedrò ferite vive, d’uomini e cose, che l’anno appena trascorso da quel pauroso boato non può aver rimarginato. E trovo giusto, a questo punto, integrare quanto sto dicendo con la citazione di alcune parole di Giuseppe Piemontese, custode del Sacro Convento di Assisi (pag. 9 della rivista SAN FRANCESCO, numero 4, del mese in corso): “Ormai ci accostiamo a persone, fatti, eventi e istituzioni con sospetto, con diffidenza (che è il contrario della fiducia). Tale sospetto ispira egoismo e chiusura in se stessi… uno stato di sotterranea ostilità e belligeranza senza quartiere.” FURTO DI FIDUCIA, è il titolo del commento di Piemontese dal quale ho estrapolato le suddette parole. Venendo alla foto che ho scelto, tenerezza mista ad ammirato stupore proviamo nell’osservare la dignitosa postura delle anziane signore, credo di poter affermare. Ma è venuto il momento di dare la parola al mio -e non soltanto mio- poeta prediletto, Giacomo Leopardi, l’autore della GINESTRA, suprema meditazione poetica sui mali dell’ uomo (la fotografia qui sopra è stata tratta dal CORRIERE DELLA SERA):

…A popoli che un’onda
Di mar commosso, un fiato
D’aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s’ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e e forte
Mostra se nel soffrir, né gli odii e l’ire
Fraterne, ancor più gravi
D’ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l’uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che de’ mortali
Madre è di parto e di voler matrigna (versi 106-125).

Superfluo osservare come il monito leopardiano non attenui minimamente le gravissime responsabilità dei costruttori della Casa dello Studente all’Aquila, tanto per esser chiari. Semplicemente, ho ritenuto opportuno presentare al visitatore di questo sito parte di un testo poetico non fagocitabile dai meccanismi della cosiddetta “normalizzazione culturale”; e questo, per l’altissimo e problematico grado di civiltà di cui esso è portatore. Concludo questo mio articolo ricordando una vigilia di Natale di anni addietro, trascorsa a lungo al telefono col bibliotecario del Centro Studi Leopardiani di Recanati: parlando di Francesco d’Assisi, costruttore inesausto di pace.

6 commenti su “

  1. maria rizzi

    La natura, madre-matrigna, mio caro amico… e il sottolineare nei versi ricchi di umana comprensione e di dolore per la tragedia in sè, quanto poco contino i quotidiani odi, i rancori, le volontà di perpetrare il male. C’è chi può decidere la sorte di intere popolazioni in un attimo. Mi permetto di aggiungere la tristezza dell’umana assuefazione ai drammi. Storie da seguire in televisione quasi distrattamente, finché non toccano di persona. Poesia altissima, completata da un’immagine che fa sentire nudi, di fronte ai volti e agli atteggiamenti di nobile dignità. Grazie ancora e sempre!

  2. andreamariotti Autore articolo

    Come ho scritto nell’articolo, cara Maria, la Ginestra di Giacomo Leopardi non si può consumare, alla stregua dei tanti, troppi oggetti-feticcio che colorano illusoriamente la nostra esistenza sopra le righe. Su di essa è stato scritto tanto, da studiosi illustri del grande Recanatese, primo fra tutti Walter Binni ( il quale ha mostrato la forza sinfonica, di altissimo spessore etico-estetico vibrante in tali estremi versi leopardiani). E dunque invito tutti, anzitutto me stesso, a leggere o rileggere questo testo poetico che ci ricorda: “Non ha natura al seme/ Dell’uom più stima o cura/ Che alla formica” (versi 231-33)…ecco il punto dove l’ateo Leopardi e il Santo di Assisi forse si incontrano: nel loro demistificare in epoche diverse, con pessimismo e candore, l’umana ed accecante superbia. Un abbraccio.
    Andrea

  3. paolina carli

    Quando le forze me lo consentono mi spingo ad entrare in siti web poetici e, come in questo caso, capita d’introdurmi in quelli di poeti conosciuti. Il sito di Andrea Mariotti è un sito semplice e pulito dove anche i meno evoluti informaticamente possono inoltrarsi senza perdersi tra immagini confuse, suoni e parole. Un sito che rispecchia il suo essere un grande poeta. Un poeta trasparente a cui riconoscere il merito di saper magistralmente sviluppare sia la gioia che il dolore. Una poesia, quella di Andrea, piena di spiritualità e di fascino, nata dalla profonda riflessione e dalla tessitura sapiente; una poesia efficace nella rappresentazione delle infinite sfaccettature del sentimento umano ed in grado di indurre il lettore a condividere, con l’autore, angosce, curiosità e speranze. E Mariotti oltre all’essere Poeta, da cui ho molto da apprendere, è anche un profondo studioso di letteratura capace di captare l’attenzione del pubblico che affolla le sue conferenze. E’ un poeta generoso, aperto alle variegate forme di espressione, è un poeta che sa ascoltare come un grande poeta sa fare. Grazie Andrea, tornerò spesso a trovarti
    Aprile 2010
    Paolina Carli

  4. andreamariotti Autore articolo

    Grazie, cara amica prodiga di consigli, nell’autunno scorso, quando è cominciata questa mia avventura sul web. Le tue parole di elogio per la mia poesia quasi mi imbarazzano; per questo trovo giusto aprire qui il mio animo di poeta a te e a tutti coloro che stimano il mio lavoro. Voglio dire, per fare un esempio, che il lettore non può non accorgersi dell’umano dolore vibrante nella recente e inedita lirica Samsung; lirica tuttavia attuale, oggettivata, dove l’ars poetica non personifica più la natura; piuttosto i sofisticati strumenti della nostra alienazione. Ecco, continuo a reputare prioritario, per uno scrittore, questo suo primo debito verso il lettore: il congedo dalla propria autoreferenzialità, guidati dal sentimento della civiltà letteraria alla maniera antica. Quanto ho appena espresso è naturalmente solo una goccia nel mare della riflessione sull’arte; ma qualcosa che avverto francamente operante nel mio lavoro. A te, Paolina, un forte abbraccio e l’invito a visitare ancora il mio blog.
    Andrea

  5. Angiolina Bosco

    Caro Andrea,
    ho potuto di nuovo ammirare la tua sensibilità e la profondità nel toccare argomenti su cui ci sarebbe tanto da dire, anche se tanto si è già detto. Leggo tra le righe, un tuo grido di dolore, dolore che cerchi di esternare ricorrendo alla poesia, soprattutto a quella leopardiana, che è sempre spunto di grandi riflessioni. Grazie per questo articolo e per la foto scelta; esprimono e sono voce di un mondo ricco di sofferenza ma anche di grande dignità. Ed è positivo il tuo riflettere sui valori che caratterizzano ogni situazione umana, o spesso, veramente disumana!!!
    Un abbraccio Angiolina

  6. andreamariotti Autore articolo

    Mi piace risponderti, cara Angiolina, citando un meraviglioso endecasillabo ungarettiano, ben sottolineato dal grande critico Carlo Bo: “D’un pianto solo mio non piango più”. Endecasillabo che è poi il terz’ultimo verso di Mio fiume anche tu, dal Dolore (1937-46). Di fronte alla tragedia abruzzese, sciacalli a parte, abbiamo percepito, credo, la nostra appartenenza a quella “social catena” (verso 149) di cui parla Leopardi nella sua Ginestra. E quelle anziane signore che nella foto vediamo dignitosamente sedute circondate dalle macerie sono, a pensarci bene, esse stesse ginestre; che il deserto consolano, parafrasando il grande Recanatese. Un abbraccio anche da parte mia.
    Andrea

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