25 agosto 1957 – 25 agosto 2017  (a sessant’anni dalla morte di Umberto Saba)

 

IL BORGO

 

Fu nelle vie di questo

Borgo che nuova cosa

m’avvenne.

 

Fu come un vano

sospiro

il desiderio improvviso d’uscire

di me stesso, di vivere la vita

di tutti,

d’essere come tutti

gli uomini di tutti

i giorni.

 

Non ebbi io mai sì grande

gioia, né averla dalla vita spero.

Vent’anni avevo quella volta, ed ero

malato. Per le nuove

strade del Borgo il desiderio vano

come un sospiro

mi fece suo.

 

Dove nel dolce tempo

d’infanzia

poche vedevo sparse

arrampicate casette sul nudo

della collina,

sorgeva un Borgo fervente d’umano

lavoro. In lui la prima

volta soffersi il desiderio dolce

e vano

d’immettere la mia dentro la calda

vita di tutti,

d’essere come tutti

gli uomini di tutti

i giorni.

 

La fede avere

di tutti, dire

parole, fare

cose che poi ciascuno intende, e sono,

come il vino e il pane,

come i bimbi e le donne,

valori

di tutti. Ma un cantuccio,

ahimè, lasciavo al desiderio, azzurro

spiraglio,

per contemplarmi da quello, godere

l’alta gioia ottenuta

di non esser più io,

d’essere questo soltanto: fra gli uomini

un uomo.

 

Nato d’oscure

vicende,

poco fu il desiderio, appena un breve

sospiro. Lo ritrovo

-eco perduta

di giovanezza- per le vie del Borgo

mutate

più che mutato non sia io. Sui muri

dell’alte case,

sugli uomini e i lavori, su ogni cosa,

è sceso il velo che avvolge le cose

finite.

 

La chiesa è ancora

gialla, se il prato

che la circonda è meno verde. Il mare,

che scorgo al basso, ha un solo bastimento,

enorme,

che,  fermo, piega da una parte. Forme,

colori,

vita onde nacque il mio sospiro dolce

e vile, un mondo

finito. Forme,

colori

altri ho creati, rimanendo io stesso,

solo con il mio duro

patire. E morte

m’aspetta.

 

Ritorneranno,

o a questo

Borgo, o sia a un altro come questo, i giorni

del fiore. Un  altro

rivivrà la mia vita,

che in un travaglio estremo

di giovanezza, avrà pur egli chiesto,

sperato,

d’immettere la sua dentro la vita

di tutti, d’essere come tutti

gli appariranno gli uomini di un giorno

d’allora.

 

poesia di Umberto Saba tratta da  CUOR MORITURO (1925-30) ora nel CANZONIERE

 

 

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