POETICANDO

 

Diario d’un laboratorio poetico

 

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C’è qualcosa di estremamente puro e drammatico, ma anche dolce e ozioso (per fortuna), scanzonato e fervido… nel ricominciare ogni anno il nostro POETICANDO, e cioè questo “Diario d’un laboratorio poetico”… Una riflessione, eterna ed anche episodica – si capisce – sul ruolo profondo non solo d’una missione, ma in ogni caso di una pratica poetica… Chiedere ad essa non tanto lumi sulla Realtà, o sul Tempo e il Destino, al solito, cinico e baro – quanto proprio informazioni, resoconti intimi su Se Stessi…

Leggevo di recente un libro assai intrigante sul rapporto tra malattia e pensiero (Claudia Rainville, Ogni sintomo è un messaggio)… Ecco, mi chiedo se anche per noi, noi tutti, non sia anche un po’ la poesia, l’antidoto – il vaccino plurivalente – per affrontare, domare i mostri e i folletti della realtà, o comunque dialogare cogli elfi buoni, magari i pesci volanti, i pascoliani puffini dell’Adriatico; ma anche le ninfe belle di mar salato o acqua dolce… Far poesia su tutto perché più niente forse la prevede – ahinoi – la rispetta e incoraggia, nel nostro cuore dissociato di uomini Terzo Millennio.

Sinceramente lo domando a me stesso – e insieme, a tutti i comuni amici, sodali nuovi o inveterati, dell’ormai mitico laboratorio del mercoledì: che esce davvero dagli schemi, giacché di canoni esige, anarchici, i propri…

Dove va la poesia? si chiedono tutti da lustri, decenni, scorci di secoli… Ma la poesia va dove andiamo o non andiamo Noi, dal Mondo al cuore e ritorno… Viaggi indicibili e inusitati, eppure anche il percorso esatto d’ogni giorno, riflesso automatico, tran-tran fin troppo quotidiano: come scendere a comprare il pane, il latte, un giornale fresco e anche stanco di notizie…

Dove vanno i poeti? Dove la rincorrono, la seducono o la sopportano, la nuova ispirazione per tutti i sogni a venire; e la pazienza di Esserci, e non mollare, non demordere a crederci, al grande cuore sensibile?… L’Anima Mundi si risveglia ogni stagione come un gigante buono – gigantessa d’Anima che bello anzitutto ha il Corpo – e sbadiglia, si lava, si riveste, per farsi bella nel mondo: pizia, sibilla, profetessa anche dei nostri versi: nel nostro habitat o trauma d’infinito sognato e riperduto, effuso, inseguito e irraggiunto…

E il naufragar m’è [triste], in questo mare…

 

   Ecco, vorrei dire, chiedere a tutti gli amici e allievi ideal-concreti del nostro laboratorio, di sostituire al “dolce” leopardiano un aggettivo ritenuto oggi più consono e proprio… Insomma, una pennellata conscia e immediata, un bisillabo adeguato al caso…

E li rivedo e saluto tutti, gli amici, i Personaggi e Interpreti del POETICANDO, nobili e umili, impennati o più morbidi, ciascuno col carattere giusto per naufragare dolcemente nel mare dell’infinito finito, cioè della Poesia. Cristina affollata e luminosa di metafore… Laura paziente d’armonia… Lorenzo (come Sordello, diceva Pasolini di Citati, “disapprovante e innamorato”)… Gemma pittrice e rimatrice di boschi veri o interiori… Gemma sempre collocata vicino a Tiziana (chiosatrice, lucertola metafisica d’ogni ombra lucente), come due compagne di scuola, anzi di banco…  Raffaele madrigalista e irredentista del verso; Gabriella, più “Asupta” che mai, col suo continuum introspettivo che è stream of consciousness, flusso di coscienza lirica e vita…

E naturalmente Nina, fulgida e tagliente, fiorita di “Macerazioni”… Elisabetta, che specchia e s’inventa ormai un futuro “memoriale”… Come Helène riplasma il Mito, i miti achèi, secondo i nuovi, maldestri malesseri dell’Occidente… O Paolo, un po’ affaticato ma sempre inesausto di Viaggi e Quadri, Opere da rivivere, ripensare, come agile panacea di Bellezza…

Ma li ricordo tutti: Terry, Cinzia, Roberto quando viene, e legge le cose nuove… Olga dal cuore forse biondoazzurro come la sua bandiera ucraina… O Sabino coi suoi foglietti spiegazzati, dove annota versi vergati piccoli, che quasi non si leggono, si nascondono come l’amore che vorrebbe sempre dichiarare…

L’imbarcazione è pronta, il vascello temprato dai versi: ligneo, galleggiante e poderoso fasciame della vita… Issate le vele, il Vespucci riparte – veloce e senza tempo, amoroso del vento!

I marinai siamo noi, è il nostro cuore ancora – come poetava Rafael Alberti – marinero en tierra… Tutti un po’ Ulissi danteschi (ma ecco la novità: anche Penelopi) con tanta e giusta voglia di riprendere il mare. E scappare da una cronaca che ci sta sempre più stretta, tra danni di uragani, ennesime minacce di missili atomici, storture del clima, mari inquinati, governi indegni,  sparlamenti europei, intolleranze, mistificazioni, dittature bancarie, prodotto interno lordo…

 … ma per seguir virtute e canoscenza…

 

La conoscenza vera della poesia è quella di Se Stessi. Guida, conforto, ripartenza, itinerario e punto d’arrivo… Il mondo, infatti (non dimentichiamolo) siamo anche e sempre, soprattutto Noi. Cavalieri e soldati del quotidiano. Un sotterraneo o dissotterrato Esercito di Terracotta, in lotta o difesa di problemi piccoli o immensi. Individui unici e irripetibili – tra masse enormi, ardue statistiche incarnate…

POETICANDO è un gerundio, un movimento, un credo laico, un antidoto, un vaccino di realtà e irrealtà quotidiana… E la poesia non è più né sintomo né malattia, ma guarigione – trasparente, semplice e ardimentosa; densa e lieta, irrinunciabile…

Come incitava, presentiva, visionario e lucido, l’Eliot dei Quartetti: “E non pensate al frutto dell’azione. / Andate avanti. / O viaggiatori, o naviganti, / Voi che giungete al porto, e voi il cui corpo / Soffrirà la prova e il giudizio del mare, / O qualsiasi altra fine, questa è la vostra vera destinazione.”…

 

            Plinio Perilli

 

P.S. in foto, un tratto della Via Sacra verso Monte Cavo, Castelli Romani (a/m)

 

 

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