UNA SIGNIFICATIVA POESIA DI GIORGIO CAPRONI PER IL NATALE 2023 (“cliccare” qui)

ARIA DEL TENORE

 

                                                                                                                                              Andante,

                                                                                                                                               un poco convulso.

 

 

 

Col fucile spianato.

Ai ferri corti, ormai.

Ciascuno dietro il tronco

d’un leccio.

Si spiavano.

A pochi passi.

Mai

un’allegria più ardente

 li aveva colti.

Si amavano,

quasi.

Coivano.

Nell’odio che li inceneriva, quasi

avrebbero voluto abbracciarsi

prima di sparare.

Può darsi

che faccia di questi scherzi

l’amore, quand’è totale.

Intorno, non un animale.

Non un’ombra.

Soli.

Si mise a nevicare.

Lepri bianche.

Bianche

felci, fra ginepri

da Albero di Natale.

Tutto un bianco mentale

di bianca infanzia.

Un mare

bianco di gioia, fra i lecci

che restavano neri

nel bianco dei pensieri.

Si odiavano, inteneriti

fratelli.

Abele

e Caino

In ruoli

reversibili.

Immagini

d’uno stesso destino

o amor perfetto.

Soli!

Un uomo solo in due.

Due uomini in uno.

Due io affrontati.

Un solo io.

Godevano.

Forse, tutti e due sapevano

che l’uomo uccide se stesso

-l’uomo- uccidendo l’altro?

Orgasmo del suicidio.

Nel lento stillicidio

dell’ora, centellinavano

la propria morte.

Soli!

Ancora nevicavano

lepri di silenzio e felci.

Da un anno si braccavano,

nei luoghi dove più vivo

era il trambusto.

Al porto.

Alla stazione.

Nel torto

budello della city.

Invano.

La macchia gli aveva dato una mano.

Offerto l’occasione.

Ora, assaporavano lenti

l’attimo.

Finalmente giunta

l’ora dell’uccisione.

Col fucile spianato.

Ai ferri corti.

Li colsi

di soprassalto.

Nessuno

dei due voleva per primo

scaricar l’arma.

Premetti

a bruciapelo il grilletto.

Li vidi cadere insieme

sotto la raffica.

L’urlo

che alzarono, mi colpì in petto

come piombo.

Fuggii.

Mi brucia nella memoria,

ancora, la mia vile vittoria.

 

GIORGIO CAPRONI, DAL “FRANCO CACCIATORE”, 1982.

 

 

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