Nell’augurare ancora buon anno ai visitatori di questo sito, ho il piacere di presentare oggi una luminosa poesia di Mario Luzi (1914-2005) scelta dalla silloge ONORE DEL VERO (1957)
:

EPIFANIA

Notte, la notte d’ansia e di vertigine
quando nel vento a fiotti interstellare,
acre, il tempo finito sgrana i germi
del nuovo, dell’intatto, e a te che vai
persona semiviva tra due gorghi
tra passato e avvenire giunge al cuore
la freccia dell’anno…e all’improvviso
la fiamma della vita vacilla nella mente.
Chi spinge muli su per la montagna
tra le schegge di pietra e le cataste
si turba per un fremito che sente
ch’è un fremito di morte e di speranza.

In una notte come questa,
in una notte come questa l’anima,
mia compagna fedele inavvertita
nelle ore medie
nei giorni interni grigi delle annate,
levatasi fiutò la notte tumida
di semi che morivano, di grani
che scoppiavano, ravvisò stupita
i fuochi in lontananza dei bivacchi
più vividi che astri. Disse: è l’ora.
Ci mettemmo in cammino a passo rapido,
per via ci unimmo a gente strana.

Ed ecco
il convoglio sulle dune dei Magi
muovere al passo dei cammelli verso
la Cuna. Ci fu ressa di fiaccole, di voci.
Vidi gli ultimi d’una retroguardia frettolosa.
E tutto passò via tra molto popolo
e gran polvere. Gran polvere.

Chi andò, chi recò doni
o riposa o se vigila non teme
questo vento di mutazione:
tende le mani ferme sulla fiamma,
sorride dal sicuro
d’una razza di longevi.

Non più tardi di ieri, ancora oggi.

Mario Luzi, poesia tratta dal volume L’alta, la cupa fiamma (Poesie 1935-1985), Biblioteca Universale Rizzoli, 1998.

Arte assertiva, quella del grande poeta fiorentino, dallo stile elevato (anche troppo, se raffrontato con quello del tagliente Caproni o dell’asciutto Sereni, tanto per citare due autori fra i maggiori del nostro secondo Novecento, a me particolarmente cari); arte assertiva, stavamo dicendo…ma, al dunque, di grandissima suggestione e forza evocativa. La foto di questo articolo, infine, riguarda il presepe in grandezza naturale esposto dall’ otto dicembre scorso nella piazza della Basilica Inferiore di S.Francesco in Assisi. Esso è stato realizzato dall’Associazione Amici del Presepio Felix Deflorian Di Tesero (provincia di Trento), e presenta le figure in legno scolpite a mano e rivestite con tipici abiti fiemmesi di inzio secolo scorso.

8 commenti su “

  1. maria rizzi

    Così intensa, amico caro, l’idea dell’ ‘anima compagna fedele inavvertita’, intensa e disincantata, nonostante l’eco dell’epifania cristiana, dell’arrivo a Betlemme dei re Magi, dei doni, della ressa di gente…
    Un autore, Mario Luzi, che sa rispettare il passato, la storia, prendendone con raffinata lucidità le distanze. Il suo evocare non rischia la trappola della retorica.
    E’ attento, sorvegliato.
    Credo che i suoi versi restituiscano dignità a un giorno che, come troppi altri, ha perso ogni significato cristiano e possiedano, come hai giustamente sottolineato, la forza assertiva.
    Ricca di luce quanto la lirica l’immagine che hai allegato. Una scelta perfetta.
    Sei sempre il faro che illumina gli eventi con acume e sensibilità straordinari.
    Ti abbraccio forte e ti ringrazio.

  2. andreamariotti Autore articolo

    Mi sembrava, cara amica, che tale poesia potesse diffondere quelle dolci vibrazioni alle quali il nostro animo tende “Non più tardi di ieri, ancora oggi”, per citare l’ultimo verso di essa. Un abbraccio.

  3. Roberto De Luca

    Pur transitando attraverso l’Epifania tale poesia di Mario Luzi sembra non portarne il peso. D’altronde, peculiare della buona poesia, è la capacità di rimanere fresca e leggiadra, anche quando il tema è così radicato nell’anima del popolo e nella storia della religione. Mi sembra inoltre (non vorrei sbagliare) che il poeta abbia portato a confronto l’Epifania del Signore con una Epifania personale, realizzando quindi il raggiungimento di una meta; e le parole tirano fuori dal magico cappello dell’Arte la fusione dell’anima dell’uomo col sacro, con ciò che ci è stato tramandato. Anche l’immagine del presepe mi ha colpito. Ho dovuto ingrandirla per vedere meglio e infatti non mi sbagliavo: ciò che è più significativo in quel presepe è la figura dell’uomo comune, dei nostri giorni, inginocchiata davanti a Gesù e avente i Re Magi alle spalle… Sbaglio?
    Un abbraccio. Roberto.

  4. andreamariotti Autore articolo

    No, Roberto, non sbagli, per quanto mi riguarda: anche per me ad essere significativa, nel presepio di Assisi, è la figura dell’uomo comune davanti a Gesù, a suggerire una vera e propria ibridazione del sacro, si potrebbe dire. Un esempio sublime di questa commistione del sublime col basso (in cui poi, a ben guardare, l’arte reggiunge le sue vette) ci viene offerto, per rimanere in tema, dal Sommo Poeta, a proposito del Poverello di Assisi: “Indi sen va quel padre e quel maestro/ con la sua donna e con quella famiglia/ che già legava l’umile capestro.” (Par., XI, 85-87). Leggendo tale meravigliosa terzina, caro Roberto, mi sembra infatti di vedere Francesco di spalle, ricurvo e scarnificato ma lieto, nel tenere per mano “la sua donna”, ossia Madonna Povertà; ed ecco perché diciamo Sommo Poeta, credo, a proposito di Dante: per questa sua straordinaria capacità di agguantare le cose più celestiali rendendole plastiche, concrete, tutt’altro che evanescenti. Ti ringrazio quindi per il tuo commento ricco di spirito di osservazione: esso mi ha permesso di ribadire, una volta di più, il mio amore per una poesia robusta, forte; scolpita più che dipinta ( senza nulla togliere, ovviamente, alle più delicate espressioni del canto poetico…delicate, non cinguettanti, lo sai bene!). Un abbraccio anche da parte mia.

  5. Angiolina Bosco

    Caro amico poeta, devo proprio dire che la lettura di questo scritto di Luzi mi ha emozionato e mi ha fatto riflettere sul vero significato dell’Epifania: la notte dell’attesa, la notte della speranza, la notte della luce che illumina il mondo. “Tra passato e avvenire” questi versi mi sembrano un vero inno alla vita, all’esistere. Noi siamo soli nel nostro percorso di ogni giorno, finchè non prendiamo coscienza di noi stessi e diventiamo luce per noi e per gli altri… Ed ecco l’Epifania.
    Molto di effetto nella sua semplicità ma anche nella sua profondità la raffigurazione che è stata allegata.
    Grazie. Angiolina

  6. andreamariotti Autore articolo

    Sì, Angiolina, è proprio una bella, luminosa poesia, quella da me presentata in occasione dell’Epifania. Di un poeta che, pur non essendo fra i miei prediletti, rimane comunque grande autore d’arte sacra nel senso più libero e nobile che si possa intendere. Un abbraccio.

  7. Franco Campegiani

    Carissimo Andrea, forse è il caso di sottolineare gli aspetti fortemente umani di questa poesia di Mario Luzi, in assenza dei quali verrebbe meno quell'”ibridazione del sacro” di cui tu parli, affermando giustamente che in tale commistione “l’arte raggiunge le sue vette”. L’innalzamento dell’anima di cui parla il poeta fiorentino parte tutto dal basso, dalla meschinità delle “ore medie” e dei “giorni interni grigi delle annate”. E che dire poi del “convoglio” di poveri diavoli al seguito dei cammelli e dei Magi? Che della “gran polvere” sollevata dal “molto popolo”, dagli “ultimi d’una retroguardia frettolosa”? La tensione dell’umano verso il divino resterebbe una gratuita illusione, se non corrispondesse alla tensione opposta, che spinge il divino verso l’umano, il “sacro” verso il “sacrificio” del Golgota, ovvero verso la “dissacrazione”. La grandiosa intuizione del Cristianesimo sta qui, in questa fusione dell’umano col divino, che tu magistralmente hai saputo cogliere con l’immagine del presepe proposta, ritraente l’uomo comune inginocchiato di fronte a Gesù. Detto questo, tuttavia, va chiarita la valenza simbolica della religione (delle religioni), valenza che io trovo immensamente più ricca e produttiva, più concreta di quella storica. Se così non fosse, le storie sacre non potrebbero più parlare all’uomo d’oggi (“Non più tardi di ieri, ancora oggi”, per dirla con Mario Luzi), ma si limiterebbero a parlare di fatti accaduti duemila anni fa. Ovvero di favole. Quando si insiste sulle valenze simboliche della religione, non è dunque per ghettizzarla nel piano delle favole (come si equivoca facilmente), ma per renderla ancor più realistica ed oggettiva, in quanto i simboli sono immensamente più concreti e veri della realtà. Grato per l’ascolto e per le attenzioni, rivolgo a te e a tutti i lettori un augurio di serenità.

  8. andreamariotti Autore articolo

    Carissimo Franco, ho letto con grande piacere questo tuo scritto, che ci ricorda quella che rimane “la grandiosa intuizione del Cristianesimo”, come tu dici: ossia, la spinta del divino verso l’umano, senza della quale l’opposta tensione non avrebbe senso. La forte stratificazione del tuo argomentare mi ha fatto pensare alle immagini del Cristo mandorlato (così come ci capita di osservarlo negli affreschi paleocristiani e medievali, in alcune chiese italiane; a suggerire tutta la forza della circolarità sublimata dal Sommo Poeta: “Ne la profonda e chiara sussistenza/ del l’alto lume parvermi tre giri/ di tre colori e d’una contenenza”; Par., XXXIII, 115-17). Peraltro, prima di risponderti, ho avuto modo di riascoltare quella meravigliosa partitura musicale che è il Gloria di Antonio Vivaldi: percezione dell’ osmosi fra terra e cielo, in totale armonia. Ricambio con calore il tuo augurio di serenità, estendendolo a tutti i lettori.

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