Una riflessione sulla mia escursione dolomitica di martedì scorso sul monte Bullacia (Alpe di Siusi), caratterizzata da un dislivello “piramidale” di circa 700 metri, fino a godere sul pianoro del suddetto monte di una splendida, inattesa vista del Sassolungo e del Sassopiatto. Ebbene, a parte il discorso forse scontato sulla fatica dell’ascesa premiata da siffatta vista, è a proposito dello stesso sentiero percorso al ritorno che vorrei soffermarmi. Un po’ preoccupato per le insidie della discesa che aumentano col passare degli anni (a prescindere dalla difficoltà specifica del cammino in questione) eccomi fare, martedì scorso, diverse pause per mantenere la lucidità. Ma qui madre montagna ha pensato bene, per temperare la mia fatica, di donarmi una brezza alpina intrisa del profumo intenso degli abeti, non fosse bastato il virgiliano ronzare degli insetti a rallegrare lo spirito immerso nella sacralità del silenzio. Sicché, proprio in un momento come quello appena ricordato, mi sono percepito quasi ridicolo nel mio deplorare il maltempo nei due giorni precedenti; nel senso che la natura non obbedisce supinamente ai nostri “desiderata” vacanzieri, assicurandoci cioè tempo perfetto per l’intero nostro soggiorno. Può sembrare banale quanto appena detto ma, in realtà, sentire tale verità in quota martedì scorso, mi ha fatto fare un sacrosanto bagno di umiltà. Così automi come stiamo diventando oggi, a colpi di click sulla Rete tali da ingenerare in noi un delirio di onnipotenza sommamente sconsiderato; essendo più che mai controllati, tracciati sul web (che previene, indirizza quel ch’è rimasto della nostra umana coscienza). Lo sappiamo ma ce ne dimentichiamo troppo spesso, immersi nella frenesia del vivere odierno. Sì, il silenzio di martedì scorso è stato per me tutt’altro che “fradicio e infecondo”, ripensando alle “Ceneri” pasoliniane; augurandomi di serbarlo il più a lungo possibile nell’animo, memento prezioso dell’esperienza vitale.
P.s. mi permetto di aggiungere a questo scritto una mia poesia del novembre 2017 già a suo tempo diffusa sulla Rete e inclusa nella silloge “La tempra dell’autunno”, Bertoni Editore, 2020:
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EMOTICON
Più non mi parla occulto in libreria
il dizionario di greco, di me
si vergogna per essermi piegato
alle faccine ovvero all’afasia
rispondendo ai messaggi su whatsapp.
Sbrigativa sintassi oggi vantiamo
giacché il tempo è tiranno; questo l’alibi
degli australopitechi in noi latenti.
Arcadia e Crusca un brutto sogno udite,
o lirici dei social in crescendo!
allergici poi siam tutti al telefono
fisso, patetico rudere di ieri:
d’uopo i messaggi, le chat e le mail…
dove stai andando, umanità perduta?
negli autobus li vedi i nuovi oranti,
le teste curve sui sacrali schermi
in viaggio verso l’idiozia, o noi
dal gregarismo ludico guidati!
Andrea Mariotti
Mi piace accostare,Andrea, alla tua lirica”Emoticon” i versi di una mia poesia tratta dal volume “Paesaggi interiori”2012, intitolata”Questo smarrimento”.- “Questo smarrimento / che si annida tra le false/ certezze del presente/ e morde nei meandri / dell’anima, mi induce / a ripiegare sui fantasmi / del passato con abbandono / nostalgico a più riposate / stagioni,divenute paesaggio / interiore di placida / festevolezza e di umana / verità” . Complimenti per la tua escursione dolomitica sul monte Bullacia.
Grazie, Fiorella, cari saluti.
Il fremito del rivivente bosco. La natura non replica all’ umano. Insegna una sola volta.
Ho sentito il fruscio di una foglia cadere. Mistero del suono anteriore, primato del bosco antidiluviano in silente nigredo. Non seppe di sua presenza il verde fiorire. La foresta pluviale accolse il sibilo. Tacque, sino a detergere l’essenza in olfatto.
Una leggera bruma accoglie immagini di un mondo vegetale dormiente. Traggono linfa i piccoli steli come fiamme scolpite dal divino architetto. Nel senso del duplice avvio, in risveglio, il mondo prevede nascite e morti. Eternità e Immanenza dialogano: invito al declino di ogni consenso, al caos generante la vita.
(da: “indice di immortalità”)
La meraviglia si staglia su l’orizzonte degli eventi: l’ascensionale salita al Monte Carmelo ove ogni punto converge a simmetria. Il nostro immoto andare ripete il paradigma di un mondo assuefatto al delirio della forma esibita, esposta al maglio delle apparenze: così il senso ultimo si spenge al baluginio del nulla che siamo diventati sino a che, come destati, non ri-conosciamo alfine nostra piccola, umana essenza, nell’umile riflessione partorita in silenzio.
Grazie Andrea per l’acuto seme che sempre irrori di pensiero puro trasmutato in poesia.
Marina Petrillo
Grazie Marina per il tuo onorare questo blog con il flusso lucreziano della tua alta meditazione.
A.M.