RECENSIONE DI MAURIZIO ROSSI AL “FLAUTO DI PAN UNITO AL VENTO”

 

Con riconoscenza al poeta Maurizio Rossi, pubblico questa sua recensione alla mia raccolta “Il flauto di Pan unito al vento” che verrà presentata sabato prossimo 29 ottobre alle ore 10,30 presso la Biblioteca Laurentina; in quanto, la sensibilissima attenzione da lui riservata a  una poesia della silloge rivolta alla mia generazione –e spero, ai più giovani lettori d’oggi- ha, nei mesi passati, ispirato al mezzosoprano e violinista Maria Letizia De Berardinis -fra i musicisisti che sabato mi onoreranno della loro presenza- la scelta del bellissimo madrigale di Gesualdo da Venosa che verrà proposto all’ascolto, ultimata la lettura della succitata poesia (a/m).

 

Andrea Mariotti “Il flauto di Pan unito al vento” Macabor ED. Francavilla Marittima (CS) 2025

 

Il mito narra che la ninfa Siringa, per sfuggire alla corte spietata del dio Pan fu trasformata dalle Naiadi in canne palustri che al soffio del vento emettevano un suono delicato. Udendo quel suono Pan decise di costruire un nuovo strumento musicale a cui diede il nome della ninfa. Pan (un satiro, cioè metà capra e metà umano, con corna, orecchie a punta e pizzetto) suonava questo flauto per incantare i viandanti: è per questo che ancora è chiamato “flauto di Pan”.

Al mito fa riferimento la nuova silloge di Andrea Mariotti, dal titolo fortemente simbolico: il flauto di Pan -mito di amore e di unione, ma anche di possesso incondizionato – e il vento, veicolo di suoni e insieme segno di cambiamento, novità e di emozioni, fastidio o piacere. Dunque il poeta affonda le sue radici nello strato più profondo dell’io, risvegliato dai miti, inconscio collettivo di junghiana memoria; nello stesso tempo ci ricorda che la poesia non è solo emozione, è anche pensiero; non solo immediatezza e spontaneità, anche lavoro, costruzione, limatura. Il labor che sottende la poesia di Mariotti è un costruire, scegliere di usare una forma metrica, non certo gabbia, per dare forza al messaggio e al contempo dichiarare di appartenere alla grande tradizione poetica.

E così il “Diario del 2022” è in ottava rima; “Quattro lapidi” è formato da composizioni di endecasillabo seguito da novenario, ottonario, settenario, senario e quinario; altre sezioni si presentano in endecasillabi o settenari.

Questo rigore compositivo, tutt’altro che segno di rigidità o vetustà, rivela serietà, scelta comunicativa accurata e rispettosa, nel tempo in cui molti dialoghi tra gli umani -e la poesia stessa – pressati dalla fretta anche nell’eloquio e dal meccanicismo che scivola in un linguaggio “binario” dei social, sono sempre più sciatti, assertivi, ipocritamente rispettosi e alquanto poveri di contenuti.

“Le nozze col silenzio vanno fatte/ per scrivere dei versi che dian latte”: il silenzio, un altro alleato del poeta, per osservare e meditare, con sguardo e mente limpida, e poter ricordare “Notte di Colleferro/ non sfuggirci di mano,/ smemorati siam troppo/ nella polis che muore.” E ancora: “Non ha insegnato nulla la tragedia/ del ponte Morandi: sfrenata/ cabina di funivia,/ vite spezzate. Cruda/ incuria del lupo/ in pandemia”; non dimenticare queste vicende di violenza, gratuita e bestiale la prima, da incuria e grave omissione degli organi responsabili, la seconda.

Il poiein dell’autore non ha altre ragioni che quelle umane, rispettose d’ogni vita e d’ogni pensiero “a stento le pagine del libro/ al giorno d’oggi ti parlano come/ in passato, una scala di valori/ è sottosopra…” ricercate e custodite nella lettura di “Se questo è un uomo” nel tentativo di lenire un turbamento della coscienza di fronte ad eccidi dove “odio in eterno è l’unica certezza”.

Perché là dove latita l’umanità e la cura della oikos (ecologia!) “Con gran pompa la Grande Mietitrice/ di sé fa ancora mostra ad Amatrice.” resta lo spettacolo osceno della distruzione e della morte, non più evento connaturale alla vita, ma contro la vita stessa. Qual è l’origine, l’urgenza a poetare di Mariotti e a farlo in questi termini? Lo dice lui stesso in “Infanzia e adolescenza”: “…ricordo il cielo oscurarsi d’un tratto, / quel sabato di luce irrispettosa:/ dall’animo sgomento traboccava…Così, piazza/ Fontana, con quei corpi lacerati,/ d’ogni penombra docile di sogno/ la mia generazione spossessò”

Nella luce attenuata dell’infanzia e dei sogni, irrompe la luce irrispettosa, il lampo della deflagrazione, la violenza della lacerazione, l’azione terroristica che pretende d’essere azione politica; tutti gli avvenimenti descritti nella bellissima poesia, dall’infanzia all’adolescenza e alla giovinezza del poeta, in un crescendo drammatico precipitano nell’endecasillabo finale e nella troncatura che adombra il taglio d’una scure.

Andrea Mariotti sta dentro la sua poesia, immerso in essa e non come accade ad altri/e, specchiato dalla poesia che ne rimandi la sua immagine: per questo ciò che vede e sente, scrive; la vita quotidiana è dentro la natura e gli avvenimenti della storia e nelle relazioni umane e semplicemente diviene scrittura, architettura poetica, suono e senso. Tutta la silloge è uno svolgersi di una trama personale e sociale, in particolare il Diario del 2022, aperto da una sottolineatura “nel mezzo della malinconia sociale d’oggi”: malinconia, l’umore nero della medicina ippocratica, che può avvelenare le funzioni vitali della società; per analogia il senso di tristezza che pervade chi non è “poeta ozioso, intento a contemplare,/ la vaga luna”.

Dallo sgomento alla denuncia del male, ma senza eccedere nei toni, o perdere la chiarezza espositiva e la conseguente forza comunicativa (Foliage): “Di compassione ardere, se non ora/ quando? Non più impotenti spettatori…” esclama durante una camminata “l’animo scevro/dal mondo in fiamme per mezz’ora almeno”e aggiunge “se ti riesce”; dentro il mondo, godendo della bellezza, che pure nasconde insidie e veleni, la coscienza del tempo presente con i suoi mali, le violenze che non risparmiano “l’Apollo irrigidito” tagliuzzato all’obitorio da “dottori egregi /di poesia” che “Ostentano uno scaltro nichilismo/ infine lor signori; con semantica/ indistinta calpestano il lettore/ sfortunato, supposto che ci sia”.

Tutt’altro che indistinto e confuso è il linguaggio poetico di Andrea Mariotti, attento alle parole e ai segni grafici, come nello scrutare rispettosamente – e nel godere – la Natura e l’Arte.

           

            VII

 

La calura vacilla finalmente!

di settembre quel sabato a Milano:

la Casa del Manzoni più silente

di un picco mi attendeva; perché arcano

lo spirito dei grandi a chi lo sente

parla, non tollerando alcun baccano.

La camera da letto così austera

dello scrittore; nobile, sincera…

ma proprio a metà mese, altra sciagura:

eccolo il paventato autunno! bomba

d’acqua funesta, figlia di calura,

le Marche alte flagella; troppo romba,

ad un corpo negando sepoltura.

La pioggia di novembre poi rimbomba

in territorio fragile, ovvero Ischia:

là dove con l’incuria più si mischia.

 

 

 

            Satnam

Tu creatura – d’immondizia sacco

con il braccio tranciato accanto – fermati

 

non dileguarti nella esecrazione

volatile che spopola oggigiorno

 

trasformati in boato persistente

nel baco più ingegnoso della Rete

 

al sole si anneriscono i meloni

che sanno il prezzo dello sfruttamento

 

ma il kiwi dalla polpa sanguinante

è una primizia dell’Agro Pontino

 

 

 

 

 

            CLAUSTROFILIA

 

La primavera scorsa

di lutti e di rigore,

come una colombella

s’è lasciata abbagliare

dalla gaudente estate.

Adesso in tetro autunno

il nemico alle porte

percuote vite nostre

peggiore d’un ariete:

statistiche ferali

ritornano implacate,

di un virus che s’infiltra

più subdolo di prima

nei corpi e nelle menti,

schivarlo con le cellule

ha come prezzo i vincoli

ed è il deserto intorno

e povertà che freme.

No, non ci riavremo

presto; la mutazione corre, saremo cosa?

 

 

Andrea Mariotti è nato e vive a Roma. Laureato in Lettere Moderne, con una tesi sullo Zibaldone di Leopardi, ha pubblicato: Lungo il crinale, 1998; Spento di sirena l’urlo, 2007 (premio “Voci” 2010); Scolpire questa pace,2013 (secondo classificato premio “Mario Arpea” 2015); La tempra dell’autunno (2020). E’ stato redattore della rivista letteraria “I fiori del Male”. Sue poesie sono pubblicate su riviste e antologie. Il 20/2/2015, nella giornata inaugurale del Laboratorio Leopardi, a cura della Facoltà di Lettere presso La Sapienza, a Roma, ha offerto la sua lettura interiore de “La Ginestra”. Grande studioso di Leopardi e di Dante, è sempre più impegnato nella lettura interiore di vari canti del Sommo Poeta.

 

 

 

Maurizio Rossi   3/7/2025

 

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